Esattamente un anno fa, dopo una notte insonne e piena di emozioni, alle 7 del mattino iniziava la mia strada verso la maternità.
Dal giorno prima ero ricoverata in ospedale, monitorata costantemente e con le contrazioni alte ma che non sentivo minimamente, ero già di 41+3 quindi, aspettavo di essere stimolata.
La notte era stata lunga e l’avevo trascorsa a fare avanti e indietro per il corridoio del reparto di ginecologia, fino ad arrivare in pediatria (probabilmente sperando che iniziasse il travaglio), a farmi compagnia i pianti dei bimbi nati da poche ore, i sospiri increduli e spaventati delle neomamme e mia cugina al telefono, che insisteva per venire da me e camminare insieme, ma io quel momento volevo viverlo in solitudine, dopotutto sarebbero stati gli ultimi attimi in cui io e mio figlio saremmo stati una cosa sola.
Da lì a poco ci sarebbe stato il nostro primo distacco ed io mi sentivo felice e malinconica allo stesso tempo, non vedevo l’ora di tenere tra le braccia il mio bambino, ma sapevo che la pancia mi sarebbe mancata tantissimo.
Mi sentivo strana, terrorizzata all’idea del parto e soprattutto mi chiedevo quanto tempo ancora mi dividesse dal vedere Alessandro.
Mi domandavo se il parto sarebbe stato doloroso, come l’avrei affrontato: se con grinta e decisione o tra pianti e paura di non farcela.
Mi convinsi che sarebbe andato tutto bene, che io sarei stata coraggiosa, che avrei messo da parte i piagnistei e che avrei gestito il dolore che mi avrebbe portato la gioia più grande della mia vita.
Alle 5 del mattino, dopo aver dormito, forse, un’ora, mandai il messaggio del buongiorno al “Quasi Marito”, andai a farmi una doccia, mi cambiai e mi truccai.
Sorridevo seduta sul letto, in attesa che venissero a chiamarmi per iniziare l’induzione.
La mia compagna di stanza mi faceva coraggio e tifava per me, per noi.
Alle 7 la prima fase dell’induzione era già partita, ma mi avvisarono che avrebbe potuto anche essere un tentativo vano, e che mi avrebbero chiamato dopo due ore per il monitoraggio.
Dopo il tracciato delle 9, fuori dal reparto c’erano tutti: mia mamma, mia cugina, mia suocera, i miei cognati, il quasi marito, la moglie di mio padre… tutti stupiti dal vedermi serena, sorridente, leggermente truccata (leggi: presentabile), piena di energie e forse anche un po’ esaltata.
Le ore passarono tra una passeggiata ed un tracciato, tra un messaggio di un’amica che voleva notizie e la delusione di non sentire ancora nulla, tra le visite di amici e parenti e le telefonate per tranquillizzare mia nonna, tra un sorriso e qualche lacrima (bipolarismo da ormone gravidico), ma Alessandro sembrava essere troppo comodo nella pancia di mamma.
Alle 21 il medico che mi aveva in cura, mi disse di stare serena, di aspettare, che ormai si trattava di ore, al massimo un giorno, e che se quella notte non fosse accaduto nulla, avremmo pianificato un parto cesareo.
IO NON VOGLIO IL CESAREO, era l’unico pensiero che la mia mente riusciva a sviluppare.
Un’ora e mezzo dopo persi le acque (non so chi mi ha detto che le acque non si rompono, si perdono), iniziai a sentire le contrazioni- e capii perfettamente cosa intendevano le già mamme quando mi dicevano che le avrei riconosciute le contrazioni del parto!
Erano piuttosto chiare, in effetti!
Arrivai in sala parto LUCIDA e decisa ad ascoltare il personale sanitario che era lì per aiutarmi a compiere il mio miracolo.
“Quasi Marito” accanto a me, bianco fantasmino, ripeteva le stesse parole dell’ostetrico “Spingi, Spingi, Brava, Brava, Bravissima!”
Era chiaro che la parole uscissero dalla sua bocca in modo autonomo, il suo cervello viveva di vita propria.
Con noi, il nostro ginecologo, una persona meravigliosa (oltre che un medico professionale e competente) che mi ha dato la sicurezza necessaria per un parto sereno.
AL suono di “Dai Roberta, questa deve essere l’ultima spinta”, all’1.05 del mattino del 23 Novembre 2016, è nato Alessandro: la luce dei miei occhi, il senso della mia esistenza.
Da quel giorno tutto è cambiato, in ogni mio sorriso c’è il mio piccolo mondo biondo con gli occhi azzurri…
Che bello il tuo racconto, anche a me volevano fare l’induzione me la sarei pure “accollata” ma avevo la pressione a 140 🙁 Anche Emma è nata all’1’05!
Ciao Erika, grazie per aver letto il post e per il tuo commento. Posso solo dirti che stasera sto rivivendo tutte le emozioni di un anno fa. Mi vengono in mente tantissimi flash. Mamma mia che cosa stupenda è la maternità! <3
Emozionante il tuo racconto.
Io ricordo ancora perfettamente i momenti del travaglio e del parto.
Lo rivivrei altre 1000 volte.
Il post parto è stato difficile.
Ma comunque ne è valsa la pena.
Ciao, grazie mille per aver letto e per il tuo commento. Ti capisco perfettamente, anche per me il post parto è stato davvero difficile… ma rifarei tutto!