Qualche settimana fa, vi ho parlato di come Alessandro abbia salutato il ciuccio, senza troppa sofferenza, e adesso vi racconterò la nuova esperienza che stiamo vivendo in questi giorni: l’inserimento al nido.
Il primo giorno di asilo è stato martedì 25 settembre, con oggi, dunque, siamo entrati nella seconda settimana di frequenza e abbiamo già vinto un raffreddore… Che per Alessandro è lievissimo, mentre io ho il naso tappato, mal di testa, occhi pesanti e mal di gola. Manco dovessi farlo io l’inserimento!
Tralasciando le lamentele sui malanni di stagione e tornando all’argomento principe di questo post, devo dire che anche in questo caso, Tellino mi sta stupendo con effetti speciali.
Dai primi di settembre, ho iniziato a pensare e ripensare a come sarebbe andata questa nuova avventura, mi sentivo euforica, malinconica, preoccupata, gioiosa, triste, insomma, in pieno bipolarismo materno.
Ero pronta ad affrontare pianti disperati e prolungati, capricci all’ingresso dell’asilo e opere di convincimento, ero pronta a rispondere alla perplessità di mio figlio, con il migliore dei miei sorrisi: quello che sa di contentezza e rassicurazione, di fiducia e di “la mamma torna presto a prenderti!”
E invece, il 25 settembre mi sono svegliata allegra, insieme ad Alessandro, l’ho preparato raccontandogli che saremmo andati in un posto molto bello, pieno di bimbi e giochi, lui mi ha guardato felice e incuriosito.
Siamo arrivati all’asilo e si è lanciato subito verso lo scivolo senza mai perdermi di vista e questo mi ha fatto pensare che nei giorni seguenti il distacco l’avrebbe fatto soffrire un po’.
Il secondo giorno, l’ho lasciato ad una maestra, piangeva ed io mi sono sentita una madre cattiva.
Dopo 5 minuti, ho ricevuto un messaggio su whatsapp da parte della maestra, ero convinta di dover tornare a prenderlo, ed invece, in foto, vedo Alessandro che sorride sopra un cavallo a dondolo.
Ho trascorso l’ora successiva nel corridoio della scuola a guardare e riguardare l’orologio, al cinquantanovesimo minuto, ho fatto “irruzione” in classe, Alessandro era sereno e felice di vedermi.
Oggi, ha passato al nido due ore e mezzo, quando siamo andati a prenderlo, suo padre ed io, non si è nemmeno accorto di noi per quanto era preso dal gioco: ha ballato, chiacchierato un sacco nella sua lingua, si è fatto cambiare il pannolino senza opporsi (questo mi offende e non poco), ha giocato con il “suo” cavalluccio a dondolo, ha fatto il suo primo lavoretto, un disegno per i nonni; ha giocato a palla e si è divertito.
Piange quando lo saluto, ma smette subito e quando torno, è bellissimo vedere la felicità nei suoi occhi.
Tra i due, forse, sono io che sto risentendo di più di questo distacco: abbiamo trascorso quasi due anni in simbiosi, io ho vissuto in funzione sua e adesso faccio fatica a riprendermi i miei spazi, a non doverli condividere con lui, a non dover rivedere i miei ritmi, i miei tempi, i miei impegni in base alle sue esigenze.
Non mi vergogno a dirlo, ho sempre affermato di essere una madre “figliona”, e non credo che questo mi renda meno donna, sono felice di aver avuto la possibilità di vivere pienamente la maternità, anche se questo ha significato talvolta mettermi da parte, mettere da parte alcuni progetti, mettere da parte Roberta per mettere al primo posto mio figlio ed il mio essere ineluttabilmente, inevitabilmente e felicemente Praticante Mamma!