Sono passati due anni da quel maledetto giorno.
Non passa istante, però, in cui io non riviva quelle ore drammatiche, quelle precedenti, quelle successive.
Un uragano.
Stravolta, beffata, distrutta, disorientata, sorpresa, destabilizzata, priva di luce, senza meta né senso… questa è solo una piccola parte delle sensazioni che ho provato e che, a dire il vero, provo tutti i giorni di questa esistenza un po’ più vuota senza di te.
Un’esistenza che provo a riempire di cose, idee, progetti, impegni che, forse, a te non piacerebbero ma, poi chissà…
Un’esistenza che mi ricorda che la vita non finisce, che continua, che si impara a camminare sulle proprie gambe, appoggiandosi al muro o al braccio di chi ti ama, anche se, indiscutibilmente, non mi appoggerò con la stessa “comodità” e serenità di prima.
Un’esistenza che mi mette alla prova e mi urla in faccia:”Sei cresciuta. Sei grande.”
E quante volte avrei voluto essere grande, mentre adesso vorrei solo essere piccola… la tua piccola.
Sai, papà, ci sono giorni in cui la tua assenza mi si siede accanto, sono i giorni “buoni”, quelli in cui convivo con la mancanza e, consapevolmente e con un briciolo di coraggio, la guardo negli occhi, senza sfidarla, ma accettandola con rassegnazione. La accarezzo e le dico che sì, può farmi compagnia se vuole.
Poi, ci sono gli altri giorni, quelli “brutti”, quelli “cattivi”, nei quali l’assenza mi salta addosso ed è un macigno, mi opprime il petto e non riesco a respirare, mi sento morire e mi chiedo perché doveva andare così? Perché il destino ha voluto togliermi il mio punto di riferimento? Perché Alessandro dovrà crescere senza conoscerti? Perché Giulio dovrà nascere senza sapere chi sei?
E mi sento vittima di un’ingiustizia, mi sento sola e priva di forze.
Perché tu eri rassicurazione, stabilità, coraggio.
Ti guardavo negli occhi e mi sentivo meglio, perché mi capivi e non dovevo spiegarti niente.
Mi manchi e mi mancherai ogni giorno allo stesso modo finché vivrò.
Tua,
Roberta.